Meditare camminando, per la pace

Rosa Manauzzi* ha intervistato Bar Zecharya, camminatore di pace, cittadino israeliano e da qualche anno italiano, convinto assertore della pace tra i popoli e seguace del monaco Thich Nhat Hanh.

L’intervista è servita, a livello conoscitivo, per la stesura di un articolo, sulle tecniche del benessere, che uscirà prossimamente (mese di settembre) sul Magazine digitale di Buonenotizie.it

Dato che l’articolo apparirà probabilmente in altra forma e con i tagli necessari agli spazi del giornale, è interessante seguire invece il pensiero integrale di Bar e anche l’incontro tra anime che c’è sempre dietro alla preparazione di un pezzo. Ogni intervista, e ogni articolo, per me è davvero come un nuovo mondo che si manifesta davanti ai miei occhi assetati di conoscenza.

Rosa Manauzzi

1. Bar, tra le modalità per raggiungere la consapevolezza, e attraverso questa la pace (con te stesso e con gli altri), hai scelto la meditazione? Puoi dirci che cos’è secondo te?
La meditazione è un atto d’amore. Abbiamo tutti l’aspirazione profonda di essere felici, di vivere in armonia con le persone intorno, di sentirci salvi e di avere il cuore in pace. Quando rallentiamo i pensieri e calmiamo corpo e cuore, ci stiamo già comportando in modo amorevole con noi stessi. La nostra calma, la nostra gentilezza e la nostra presenza autentica diventano poi veri e propri regali d’amore ai nostri parenti, ai nostri amici e a coloro a cui vogliamo bene.

2. Che tipo di meditazione hai scelto di praticare?
Inspiro, mi sento presente nel corpo.
Espiro, rilasso il corpo.

Inspiro, sono cosciente delle mie emozioni.
Espiro, con compassione le lascio andare.

Bastano solo alcuni respiri per riportarci al momento presente, per riportare la mente al corpo. Lo possiamo fare anche adesso!

L’energia che generiamo in questo modo si chiama consapevolezza, presenza mentale o mindfulness. Più siamo radicati nel momento presente, più siamo in grado di apprezzare i miracoli dentro e intorno a noi e più siamo capaci di affrontare le nostre difficoltà con una mente chiara. Per generare la consapevolezza non dobbiamo necessariamente sederci su un cuscino davanti a un altare: quando camminiamo, apriamoci alla realtà del camminare restando presenti a ciò che stiamo facendo. Quando mangiamo, mangiamo con tutto il nostro essere. Thich Nhat Hanh, maestro Zen e monaco vietnamita, insegna che ogni attività giornaliera è un’opportunità di far crescere la nostra energia di consapevolezza. Mangiare, camminare, lavarci i denti e aprire una porta sono tutti momenti in cui possiamo calmare la mente e aprirci alla realtà che è davanti a noi. Ogni respiro e ogni passo possono portare pace a noi stessi e agli altri.

3. Il tuo incontro con Thich Nhat Hanh ha cambiato profondamente la tua vita?
Ho incontrato per la prima volta Thich Nhat Hanh nel 1997 a Tel Aviv, dove tenne una conferenza pubblica prima di offrire un ritiro di consapevolezza. Nhat Hanh insegna la consapevolezza con i suoi discorsi e insegna con il suo comportamento, il suo modo di camminare, il suo modo di essere. La gioia e l’armonia nella sua comunità monastica e laica, compresa la comunità italiana, sono di grande ispirazione ed è difficile non essere toccato da questo tipo di impegno, di cura e di amore. La sua storia personale mi ha lasciato un’impressione fortissima. Nel suo paese durante la guerra civile non ha voluto schierasi con nessuna delle parti, tranne quella della riconciliazione. A Gerusalemme, dove vivo la maggior parte dell’anno, questo messaggio è estremamente attuale, e lo è anche per noi in Italia.

4. In Italia la meditazione non è ancora molto praticata ed è solamente un rituale di coloro che abbracciano la filosofia buddista. E’ possibile scindere le due cose? Ovvero, occorre essere buddista per praticare la meditazione?
Non sono buddista, quindi spero di no! Tornare al respiro e al momento presente per svegliarci al miracolo della vita non è buddismo: è la nostra eredità come esseri umani.

5. Da quanti anni sei in Italia?
Sono venuto in Italia per la prima volta nel 2000, e nel 2009 ho preso anche la cittadinanza italiana. Ultimamente passo la maggior parte del tempo a Gerusalemme ma continuo a tornare in Italia spesso: ho tanti amici qui e vengo frequentemente anche per nutrirmi della forte comunità italiana che pratica la vita consapevole, compreso WakeUp: il movimento di giovani italiani che aspirano a vivere in armonia, gioia e consapevolezza. In Italia ci sono paesaggi stupendi e città di una bellezza squisita. Non viviamo con la paura di bombe o di attentati, abbiamo tutto ciò che ci serve per essere in contatto con le cose positive della vita. Svegliarci a questa possibilità ci può rendere capaci di affrontare al meglio le nostre difficoltà.

6. Nella tua esperienza cerchi di diffondere la meditazione per proporre un diverso approccio ai conflitti personali ma anche ai conflitti del medio Oriente. Dall’esterno sembra un progetto molto ambizioso. Quali risultati sei riuscito ad ottenere?
I grandi conflitti sono creati e alimentati dai piccoli conflitti. Anche se Israele e Palestina firmassero un accordo di pace domani, la paura, il dolore e la tendenza di vedere l’altro come un nemico rimerebbero. Per aiutare gli israeliani a vedere che il loro benessere è legato a quello dei palestinesi e viceversa, dobbiamo addestrarci noi per primi a calmare la rabbia e la paura che si trovano nel nostro cuore. Se non siamo capaci di farlo noi, cosa possiamo aspettare da altri che vivono in condizioni più difficili?

In Israele e in Palestina ci sono molte persone che si impegnano a favore della pace e della riconciliazione, dalla quale abbiamo molto da imparare, ed è una gioia sostenerli e organizzare insieme ad altre persone incontri, giorni di consapevolezza e ritiri. Mi trovo molto commosso quando vedo persone scoprire i benefici della consapevolezza e questo mi dà sempre più motivazione, sopratutto a coltivare la consapevolezza in me stesso. Mi ritengo molto fortunato ad assistere gruppi di praticanti italiani a visitare la Terra Santa in un contesto di consapevolezza e apertura. Da questi incontri tutti – italiani, palestinesi e israeliani – tornano a casa con la sensazione di aver arricchito la loro vita di un mezzo in più per portare la pace nella loro vita e nella loro società.

7. Con quale comunità pratichi la vita consapevole?
Il maestro Thich Nhat Hanh è in Italia dal 30 agosto al 6 settembre: a Milano per una conferenza pubblica e un giorno di consapevolezza, e a Roma per un ritiro, una meditazione camminata e una conferenza pubblica. Per maggior informazioni sugli eventi: www.esserepace.org/lapaceinazione

EsserePace, la comunità italiana che segue l’insegnamento di Thich Nhat Hanh, è molto attiva sul territorio. Organizza incontri settimanali, giorni di consapevolezza e ritiri in molte città italiane.

WakeUp Italia è il movimento dei praticanti under-35. E’ un piacere aver a che fare con giovani così motivati e gioiosi, danno molta speranza per il nostro futuro.

Plum Village, il monastero in Francia dove Thich Nhat Hanh vive e insegna.

In Israele, la Community of Mindfulness in Israel offre ritiri e giorni di consapevolezza in inglese.

*Rosa Manauzzi (Latina, 1971) è scrittrice, giornalista pubblicista, studiosa appassionata di tecniche per il benessere e insegnante di qigong. Si occupa di letteratura e culture del mondo sotto una prospettiva sociologica e comparatistica, medicina naturale, ecologia, biodiversità culturale.
http://www.culturelibere.com
  http://www.qigongtaijicentre.com

Perché scrivere una lettera d’amore a Berlusconi

Grazie a Silvia per aver contestualizzato la mia lettera d’amore al nostro Silvio.  Nell’ultima settimana sono arrivate reazioni di tanti tipi, con suggerimenti su come migliorarla, dubbi sull’efficacia della lettera, speranze, condivisioni sulla trasformazione personale e altro.

La possibilità di vedere la propria pratica attraverso gli occhi degli altri, con l’apprezzamento, i dubbi, le integrazioni e condivisioni di altri punti di vista, è uno stimolo prezioso all’ulteriore crescita.  E’ anche affascinante come una cosa apparentemente semplice come una lettera possa toccare tanti ambienti diversi, dal nostro modo di relazionarci con l’altro genere al cambiamento sociale, e come in ognuno di noi certi temi risuonano con intensità diverse.   Finora più di 350 persone hanno letto la lettera, e da alcuni ho ricevuto bei messaggi e richieste su come trovare un gruppo di meditazione.  Se anche una sola persona ne avesse trovato beneficio, riducendo la sua sofferenza e rafforzando la sua pace, l’azione di scrivere avrebbe già superato tutte le aspettative. Vorrei quindi rispondere a una domanda molto ricorrente: perché scrivere una lettera d’amore a Silvio Berlusconi e che cosa si può aspettare da un’azione del genere?

La lettera l’ho scritta a Silvio, ma non necessariamente per Silvio.  Scrivere una lettera d’amore è stato un ottimo esperimento, una sfida che ha messo alla prova la mia capacità di calarmi nei panni di un’altra persona.  La capacità di uscire dai soliti confini e dall’identificazione con i miei interessi e le mie credenze è una qualità che vorrei sviluppare.  Come ho già menzionato, sono dovuto andare oltre a questo o quell’altro caso specifico e guardare in profondità l’oggetto della mia meditazione, e so che migliorare anche questa capacità porterà molti benefici nel futuro. In più, la pratica mi ha dato l’opportunità di riflettere sul percorso che ho attraversato nell’ultimo anno, cadendo più frequentemente di quanto volessi ammettere nella confusione fra ciò che davvero desidero e “le poco soddisfacenti vie per soddisfarlo”, uscendone però con più chiarezza e comprensione.  Cioè, per poter capire meglio Silvio ho dovuto capire meglio me stesso.

Un altro beneficio è stato quello di rafforzare in me la motivazione di “tornare a casa”, in modo quantitativo e qualitativo.  Per tutti questi motivi la pratica della lettera d’amore è stata molto forte e la consiglierei a tutti, anche se il destinatario non è proprio lui.  Nel passato ho scritto una lettera d’amore anche ai miei genitori e ad amici, e forse la lettera più significativa è stata quella destinata a me stesso.  Non una lettera di complimenti che esagera i propri punti positivi, ma una lettera che riconosce anche le debolezze e ti lascia con quella sensazione dolce di voler prenderti cura di te stesso, di fare, dire e ascoltare le cose davvero nutrienti.

Quando facciamo qualsiasi azione, c’è l’idea che quell’azione serva a uno scopo ben definito e identificabile.  Al mio parere, questo è un’illusione.  Quando suoniamo la campana, il tono arriva a 360 gradi; non è possibile suonare la campana in una direzione particolare, non ha senso.  E’ lo stesso con il profumo di un bastoncino d’incenso.  E anche le nostre azioni, che siano gesti, parole o perfino pensieri, hanno un effetto a 360 gradi.  Sopratutto siamo noi a subirne o goderne gli effetti perché portiamo quella campana con noi per tutta la vita!  Se scegliamo però uno dei 360 gradi come obbiettivo e ci attacchiamo ad esso ignorando il resto, aumentiamo la probabilità di rimanere frustrati e rancorosi anche se quell’azione ha fatto tanto bene in altri campi.  Sul tema di una visione olistica Karl Riedl ha tenuto un discorso a Pomaia il 21 agosto molto pertinente e pratico, spero che nel futuro sarà disponibile sul Internet.

Ovviamente, come alcuni di voi hanno menzionato, se mettessimo le nostre campane a suonare insieme, l’effetto sarebbe più forte e capace di risuonare con più intensità.  Anche in quel caso però si tratta di maggior intensità, non della capacità di indirizzare gli effetti della nostra azione.  Il fatto di non avere controllo non è niente da rimpiangere, secondo me.  Anzi, è una cosa davvero bellissima!  E’ un richiamo a controllare bene che il suono della nostra campana, che la fragranza del nostro incenso, sia dolce in ogni momento a prescindere del risultato specifico che speriamo di ottenere.  Per me almeno quest’immagine aiuta a rafforzare simultaneamente sia l’impegno personale e sociale che un’umiltà davanti alla complessità dell’universo e la rete di causa ed effetto fra le cose.  (Un esempio di armonizzazione delle nostre campane sarebbe incontrarci pubblicamente giovedì prossimo, il 29 settembre, a festeggiare il compleanno del nostro fratello Silvio, a invitarlo a tornare a casa in entrambi i sensi e a sostenerlo attraverso il nostro impegno, leggendo i cinque addestramenti alla consapevolezza e condividendo su come applicarli, spiritualmente offrendogli qualsiasi frutto che potremmo generare con la nostra pratica.)

Quindi, aspettare che le mie parole possano cambiare un’altra persona sarebbe naive e senza contatto con la realtà.  Dall’altra parte, la credenza che l’Italia sarebbe migliore se solo una singola persona non ci fosse è ancora più fantastica.  Thich Nhat Hanh ci insegna a tenere fra le dita un fiammifero e a chiedere alla fiamma “cara, da dove viene e dove andrai?”.  Per scrivere la lettera a Silvio ho dovuto chiedergli la stessa domanda.  Come sapete, i politici non sono noti per l’affidabilità e non posso garantire che vi darà la stessa risposta :).  Comunque sia, per aiutare i nostri politici dobbiamo aiutare il loro pubblico, e per fare questo dobbiamo essere in grado di mettere le nostre energie non ai piccoli drammi e confini che normalmente riempiono le nostre vite, ma alla stabilità e all’armonia necessarie per dar vita a una trasformazione sociale.  Come sappiamo, qui la pratica di tornare a casa può essere molto utile.

Grazie per l’ascolto, sarò contento di continuare la conversazione, con condivisioni o con il Silenzio.
Un fiore di loto,
Bar

Gerusalemme, Israele
Pianeta Terra

E’ verde, piccolo e fa felice. Che cos’è?

Questa terra ha tanti nomi, alcuni più conosciuti e alcuni meno. “La Terra d’Israele”, “la Palestina”, “Canaan”, ma anche altri più metaforici e descrittivi come, per esempio “Il paese stillante latte, miele e pesto.”

Per errore di trascrizione quest’ultimo è stato dimenticato. Pare che qualche goccia verde e oleosa cadde sulla pergamena perché allo scrivano che, che copiava il testo tenendo nell’altra mano un panino, finirono i tovaglioli. Quando il suo discepolo arrivò per eseguire la copia successiva, pensò che la macchia fosse una correzione. Non prestò neanche tanta attenzione perché sentì un desiderio strano ma assai forte di farsi una merenda. Posò il pennello e andò a mangiare una focaccia coperta di formaggio di capra e la specialità della casa, פסטו. Perciò le nostre bibbie sono incomplete e i cibi concessi per i scrivani sono ora più ristretti.

Ancor oggi gli israeliani vanno pazzi per il sapore di basilico e aglio pestati insieme. Lo troverai sui panini mozarela e pomodoro, servito insieme al pane quando ti siedi al ristorante, sulla pizza, nell’insalata… E’ come se fossimo tutti battezzati nel divino gusto da San Giovanni in persona. Credo che quel tocco di formaggio stagionato dà il senso di stare in un paese in pace, dove le piazze sono larghe quanto i sorrisi, dove il vino fluisce come il Giordano e soprattutto dove nessuno ti controlla la borsa quando entri nel ristorante e dove non senti un colpo di ansia quando uno scende dal autobus dimenticando una borsa sotto il sedile. Ci credo che gli israeliani sono innamorati dell’Italia: qui la foglia di basilico è la bandiera della libertà.

Non vorremmo tutti stare in un altro paese, dove non sentiamo frustrati con il nostro governo, dove la gente ci sorride e dove ci sentiamo liberi? Pensiamo tutti di avere la soluzione di tutti i problemi del paese, basta lottare contro quell’altro partito o paese, e poi quando finiamo per essere frustrati perché non funziona torniamo al sogno. C’è tanto in comune fra questi due popoli, e credo che tutti noi esseri umani condividiamo lo stesso sangue verde.

Basta alla guerra in Italia

E’ un periodo veramente difficile. Vedo come il mondo si è diviso in due. Vedo le persone che si manifestano per “sostenere” una parte o un’altra mentre spesso “sostenere” vuol dire disumanizzare l’altro, israeliano o palestinese che sia. In Italia ho amici che protestano contro l’uccisione degli abitanti di Gaza e altri che difendono il diritto di Israele di difendersi, le manifestazioni sono separate, le posizioni sono opposte e l’animosità va a crescere. Stranamente, solo qui in Israele e in Palestina ho amici che partecipano in camminate per la pace dove israeliani e palestinesi insieme rinunciano alla violenza e cercano di vedere l’umanità l’uno nell’altro, passo silenzioso dopo passo silenzioso. Solo qui in Israele e in Palestina conosco ebrei e musulmani – religiosi e laici – che si riuniscono per affermare che la loro religione è una di pace e di coesistenza. Solo qui in Israele e in Palestina conosco gruppi di ex-soldati e ex-militanti che dicono “mai più” alla violenza e si mettono ad ascoltare l’un l’altro come esseri umani.

Non parlano nel nome di “Israele”. Non parlano nel nome di “Palestina”. Non parlano neanche nel nome degli “israeliani” né dei “palestinesi”. Parlano come persone – persone – che non vogliono più odiare i loro fratelli e le loro sorelle e sanno che queste etichette sono uno dei fattori principali del conflitto stesso. E fanno del loro meglio nonostante l’atmosfera difficile. Forse, stranamente, queste persone ci possono insegnare qualcosa sulla pace.

Sorelle e fratelli d’Italia, vi prego. Smettete la guerra in Europa! Qui, in Israele e in Palestina, ci sono persone che insistono perché siamo nemici. Ci insegnano solo le atrocità fatte dall’altra parte e solo gli atti d’eroismo fatti dalla nostra. Ci dicono che la lotta armata è solo una reazione alle ingiustizie dell’altro. Non lo voglio credere. Non lo posso credere. Abbiamo abbastanza rabbia e odio. Per favore, con tutta la forza di questo cuore che batte, con ogni lacrima su queste guance, non mandarci altro. Fate la pace. Riunitevi, di destra e di sinistra, a suggerire soluzioni pratiche e creative perché tutte le persone di questa zona siano sicure e libere: libere dalla guerra, dall’indottrinamento, dal militarismo. Non so se i vostri politici possono veramente influire sul governo israeliano perché smetta l’operazione militare. Non so se possono veramente influire su Hamas perché smetta i missili e i razzi. So, però, che anche se riescono, la vostra guerra d’oggi renderà peggiore la nostra guerra di domani. Se volete protestare contro la tragica e dolorosa guerra qui oggi, cercate il modo di farlo insieme perché avrete più successo così, e ogni vita salvata è un mondo intero. Certo che dovrete ascoltare l’altro, mettere in discussione le cose che credete che siano la verità assoluta… ma se così salverete la vita non vale la pena?

I vostri visi, visti sullo schermo del mio PC, sono pieni di dolore e mi dispiace tanto. Sappiate che la guarigione è possibile, alcuni qui lo sanno. Venite da me a Gerusalemme, basta che portate i capperi sotto sale e vi prometto una bella spaghettata alla puttanesca con le ulive del mercato. Andiamo insieme al Bereaved Families Forum, il “forum dei parenti in lutto” composto da palestinesi e israeliani che hanno perso un parente nel conflitto e adesso cercano di risolvere il conflitto con la nonviolenza. Poi, se portate i fiori di zucca ve li friggo alla romana prima di un incontro con Combatants for Peace, “lottatori per la pace”, ex-soldati israeliani e ex-lottatori di resistenza palestinesi. Con tutte le religioni rappresentate nel Jerusalem Peacemakers, “Gerosolimitani che fanno la pace” – un gruppo interreligioso per la pace e la giustizia – è sicuro che potremo festeggiare qualche festa ebraica, cristiana o musulmana insieme.

Non dovete fare la guerra fra di voi. Insieme, italiani, palestinesi, israeliani, possiamo creare un futuro bellissimo.

Driving in Italy, part 1: The highway

Before driving in Italy it’s important to understand the difference between a law and a social rule. Laws may be formally enacted by a government to tell people how to behave, but social rules don’t need to be publicly expressed because it is the logic behind the way people actually do behave. Sometimes a law may be enacted but neither enforced nor abided: in this case both the law-making and law-abiding processes follow a larger social rule. In Italy there are laws on how to drive. But the social rules are quite different.

  1. As a foreigner coming to Italy you might be used to the principle “keep right, pass left”. Unfortunately this can’t explain why on the 4-lane highway (autostrada A1) between Modena and Bologna the vehicles congregate exclusively in the two left lanes. A slower car can of course be overtaken from either the right or the left.

    The fact that the formal traffic laws aren’t obeyed doesn’t mean that Italian highways are chaos. They only follow a different logic. The general rule is that the more important you want to feel, the further to the left you should drive. This explains why drivers of more expensive cars tend to stay to the left even when being repeatedly overtaken on the right.

  2. Frightened by the car behind you who sticks close enough to read the washing instructions on your T-shirt? Does it seem that the term “safe distance” doesn’t translate into Dante’s tongue? Actually, distanza di sicurezza does exist in Italian, but it’s better understood as the further away that jerk gets from you, the safer you are. Or if you’re into racing sports, hit the gas and put some “security distance” between the two of you.

    Tailgating on Italian highways isn’t random or chaotic but follows a precise formula: D=(V1/V2)*(1/I). D is the distance the car behind you leaves between your vehicles (in centimeters), V1 is the value of your car, V2 is the value of the one behind you, and I is how Important the driver wants to feel. The more expensive his or her car, or the more he or she wants to feel important, the more you can smell the pesto they ate for lunch.

  3. Notice those dashed white lines painted on the road? In your home country they probably mean to separate the lanes of traffic. In Italy however they are lanes in and of themselves (verii et proprii) for two-wheeled vehicles. Keep clear.

Maria’s post on driving in Rome (in Catalan): sotp.

Parma

Per ora non ho parole. Finalmente un attimo di respirare, non c’è fretta.

Parma era bellissima, o meglio, buonissima: la torta fritta, i ravioli alla ricotta e le erbe, oppure alla zucca, risotto al radicchio. La nebbia fittissima ha dato l’impressione di qualche paese del Nord, e sull’autostrada di notte ho capito perché succedono quei maxi-incidenti. Meglio chiudere bene la giacca, uscire a piedi, fare una passeggiata e poi prendere una bella cena di pasta e vino.

Che spreco!

Il 2 novembre è stato pubblicato un articolo su La Stampa da Luciana Littizzetto che parla della sua confusione e frustrazione a riguardo delle campagne di risparmio energetico. Nomina i frigoriferi aperti nei supermercati che raffreddano tutta la sala fino al gelo e i grattacieli completamente illuminati, e domanda a che serve spegnere il computer o tenere chiuso il frigo di casa. Un’osservazione ben giustificata che conclude così:

“Questi non sono sprechi di energia, cari politici miei? I casi sono due. O cercate di risolvere in qualche modo la questione o se no dite: il risparmio energetico era una delle solite nostre cazzate, fate pure quel che volete, usate il laser per tagliare il salmone e lavatevi i denti nella vasca da bagno!”

Ecco una risposta.

Cara Luciana,

Ho letto il tuo articolo e condivido la tua analisi e le tue perplessitá nei confronti dei tentativi di risparmio energetico di fronte agli sprechi cosmici che descrivi. Come straniero venuto a Roma da Israele non puoi immaginare la mia reazione alle fontanelle.

Vorrei rispondere al tuo articolo, e in particolare a chi l’hai indirizzato. Non sono i politici che ci suggeriscono di risparmiare l’energia. Chi invece ci consiglia di risparmiare l’energia sono: scienziati, persone che lavorano nel campo dell’ecologia, esperti dell’agricoltura e dello sviluppo alimentare (guarda le dichiarazioni della FAO), biologi che documentano la scomparsa delle specie dal pianeta. I politici invece sai dove sono, e sai che sono spesso le ultime persone ad agire per il bene o per il bisogno delle persone che rappresentano o dell’ambiente in cui vivono. Se i nostri uffici (mica devono essere grattacieli) sono sempre a luci accese e se i supermercati ti portano al polo nord (dove gli orsi stanno affogando per lo scioglimento dei ghiacciai) è perché i politici glielo permettono, e perché noi consentiamo ai politici di permetterglielo.

Come cittadini comuni e come antenati delle future generazioni, abbiamo un dovere doppio: trovare un modo di vivere che non abbia un impatto negativo sulla loro vita futura e di organizzarci per impedire ai grandi interessi economici di avere un tale impatto. Credo che tutti uniti ce la potremmo fare.

La tua fatica non è vana, e non hai bisogno dei politici per agire in modo amorevole.

Bar