Una passeggiata notturna

Caro eucalipto,
scendo queste scale ogni giorno
e non ti vedo mai.
Il tuo tronco, forte e alto,
mi porta gli occhi con sé al cielo.
Ah. E’ un momento d’intimità.
La luna ti bagna le foglie nella sua luce.
L’assorbi e la porti ad ogni tua cellula.
Ditemi, per favore:
è un appuntamento o vi siete incontrati per caso?

Cara palma, buona sera.
Sembri sola, circondata
di cemento e d’asfalto.
Sotto terra però, hai le radici
robuste quanto i tuoi rami,
accolte dalla terra
nella quale giochi con tanti esseri
e flirti con altre radici.

Caro tassista, grazie per il concerto.
Le note e il ritmo del tuo clacson
esprimono il tuo cuore,
una mancanza di parole,
e la frustrazione di questa mattina
e di decenni fa.
Sai che adesso, qui, la luna ti bagna nella sulla luce?
Che le tue gomme restano salde salde sulla terra?
E che siamo qui, tutti, ad ascoltare la voce del tuo essere?

Questa sera
non sono altro che un punto d’incontro
fra l’eucalipto, la palma e il tassista.
Ed è sufficiente.

Gerusalemme secondo Pilar

“Tornata in ufficio, la domanda di rigore da amici e colleghi è ovvia: “Allora, com’è andata, cosa hai visto, che hai fatto?” La risposta un po’ meno: “niente di che!”… Più che altro mi sono rilassata, anche mentalmente fino al punto d’aver sentito un’apertura interna, un cambiamento di percezione dagli stimoli che mi circondano, verso il mondo intorno a me (non è una pubblicità della Vodafone!).

È difficile riassumere in poche linee quanto ho vissuto. Sarà stato il viaggio in treno fino ad Acco per partecipare a una “tenda per la pace”, un incontro fra arabi e ebrei per proporre delle nuove idee dopo gli scontri delle ultime settimane. Un’incantevole cittadina di mare nettamente divisa fra le due comunità dove il padrone dell’ostello parla delle persone coinvolte nell’evento come quegli della “peace”, come se usando la parola in inglese facesse capire che è una cosa estranea a lui.

Sarà stata l’intensità di un pomeriggio marcato da una parata con persone di tutto il mondo per festeggiare i 60 anni della nascita d’Israele e quando il gruppo di tedeschi passa sventolando la loro bandiera, un bambino accanto a noi grida “Germania, vai al inferno” – c’è tanto da pensare su questa rabbia ereditata.

Sara’ stata la passeggiata a Me’a She’arim. Appena entrati in questo quartiere ultraortodosso, sotto il cartellone che avverte ai turisti di non fotografare e di vestirsi in modo “modesto”, sotto le note di una vecchia canzone proveniente da una radio lontana, bisogna fermarsi per un attimo per capire che non si stia sognando. Sembra di aver fatto un salto nel tempo, la Polonia del XVIII secolo, uomini con capotti neri lucidi e cappelli tondi, famiglie numerosissime (seppure le statistiche dicono che il numero medio di figli è sceso da 9 a 8!) tutti vestiti uguali, dove a volte e’ difficile capire la differenza d’età fra il figlio più grande e la mamma. Come sarà vivere questa religiosità ogni attimo della tua vita, di fronte a un mondo così diverso dall’altra parte della strada?

Tutto quanto ho visto e le sensazione sperimentate mi hanno influenzato profondamente… un pranzo d’amici religiosi (che non ti danno la mano quando ti presenti perché sei donna e loro religiosi); cominciare ad interpretare il linguaggio del corpo quando la lingua è un ostacolo (imparare a dire “non vedi che non capisco una mazza” ai camerieri è fondamentale però!); i canti dello shabbat, la vita quotidiana a Nahlaot, un incontro con il Sangha [una comunità buddista] e l’apprendimento del termine “aimlessness“, gli odori, i sentimenti, le sukkòt [le capanne della festa di capanne], i sapori… questo viaggio mi ha cambiata, mi sento serena, più in contatto con il mondo e con me stessa… sarà la carica emotiva degli eventi descritti? la spiritualità di Gerusalemme o forse i waffle di Babette? Chi lo sa!”

Indicazioni per arrivare al cielo

Siamo in mezzo alle feste ebraiche. Il capodanno, il giorno di kippur, la festa delle capanne e ovviamente tutte intercalate dalle shabbat ogni venerdì sera-sabato. Cosa vuol dire, oltre una paranoia incessante che ne hai dimenticato una e ora che è finita la pasta o la carta igienica il mercato sarà chiuso?

Vuol dire che c’è tanto tempo per fare passeggiate e il cielo di Gerusalemme di notte è spettacolare. Qui, a 850 metri d’altitudine e in cima della catena di montagne che attraversa il paese dal nord al sud, le nuvole passano con una velocità strepitosa. Guardo sù ad apprezzare per un attimo il cielo scurissimo e le stelle brillantissime, prima che arriva una nuvola che sembra illuminata da sé. Dopo un minuto lei continua per la sua strada è rimango nell’intimità del cielo, lontanissimo e nerissimo come sempre. Arriva la prossima e noto invece quant’è vicina. Infatti, anche di giorno c’è una sensazione che quasi quasi ci sei, basta saltare un pochino più in alto, stirarsi sulla punta dei piedi ed eccole; eccoti a farle solletico con le punte delle dita.

Mi chiedo se il cielo non è un fattore della spiritualità forte di questa città. Il cielo, l’abisso o il fondamento dell’assoluto ti fa riflettere su cose più grandi o profonde, mentre l’estrema vicinanza dello stesso cielo da un senso di familiarità, di intimità o di pertinenza.

Le porte al cielo sono molte a Gerusalemme. Una si trova su via Agripas ed è l’entrata al ristorante Mòrdoch. Ragazzi, non potete immaginare minimamente che bontà… Appena ti siedi ti riempiono la tavola di piccole insalate, di sottaceti, di salse piccanti e di pita. Certo che l’humus è buonissimo e la loro zuppa kùbe è conosciuta in ogni angolo del paese. Ma qui vi indirizzo l’attenzione ai ripieni. Peperoni, zucche, foglie di vite e verza ripieni di riso e di salse. Un morso e stai già volando fra le nuvole, due e hai capito il senso del universo, finisci il piatto e il peso colossale ti ripianta ben bene sulla terra!

A Mordoch si fa un’ottima majàdara buona quanto quella della mia ex-padrone di casa, originariamente dalla città di Aleppo. Riso e lenticchie con la cipolla tagliata fina fina e poi soffritta. Vi assicuro una conversione immediata.

La vita normale

Mi sembra di non aver niente di interessante da riportare. Faccio la vita normale: mi alzo di mattina e prendo un caffè e un cornetto, vado al mercato, faccio la spesa e le chiamate, lavoro, vedo gli amici. Solo che i cornetti qui sono buonissimi, fatti al burro e si sciolgono in bocca. Mmmm!

Negli ultimi anni hanno cominciato aprire dei caffè proprio dentro il grande mercato. Così prima di comprare il humus e la tehina (salsa di sesamo), la frutta e verdura fresca, i formaggi di capra e le miscele di spezie per cucinare il riso puoi sederti tranquillamente e prendere un afùh (cappucino), una spremuta, un’insalata di citrioli e pomodori spezzati e formaggi freschi.


Spesso faccio una passeggiata nel giardino d’independenza. Mi sdraio su una panchina, con un libro o il diario in mano e la sciacsciùca in pancia, guardo intorno e ascolto gli uccelli.

Gerusalemme città intensa

Israele è un paese con una certa intensità e Gerusalemme ancora di più. Sono arrivato venerdì mattina e ovviamente la nuova casa aveva bisogno di arredamento e di pulizia. Vado allo sciuc insieme al nuovo inquilino (romano, così non dimentico un bel gnente) a comprarci della roba. Ogni persona che vendeva o che comprava, ogni persona in macchina o che passava camminando aveva un senso di urgenza. I clacson suonavano, i venditori annunciavano i prezzi dei loro prodotti e gli altri sembravano tutti giocatori di football americano cercando nella folla qualsiasi apertura per infilarsi a continuare i loro percorsi. Fatta la spesa e torniamo a casa a sistema’.

Poi la sirena. Il tono ha durato un minuto intero e improvvisamente una magia è scesa sulle strade, sulle case, sulle persone. E’ arrivata la Shabbat con il suo silenzio e la sua tranquillità. Gli odori di tante cene pian piano aleggiavano dalle finestre, i suoni dei canti uscivano dalle piccole sinagoghe, le strade e i vicoletti restavano deserti e potevano respirare. Ventiquattro ore senza autobus, con poche macchine, poca gente in giro e tanta pace.

E domenica ricominciamo.

Mi sento come se fosse in qualche fiaba. E’ difficile credere che sia vera quest’ambiente, quest’intensità che pervade tutto, per bene e per male, quest’aria che opprime e che esalta.

Qui faccio una passeggiata nel rione Nahlaòt.

Purim 2008

Non potete immaginare. Non potete immaginare.

Nahlaòt è un tranquillo quartiere di stradine e di vicoli, di piccoli giardini, di piazzette e di gatti. Arriva Purim e diventa la festa più grande del secolo. La gente è venuta travestita (io un farfallo-gatto-rapper) e si metteva a ballare alla musica alta. E’ iniziata presto e finito taaaaardi!

Già Purim ha cominciato giovedì sera (sono andato a un altra festa nella città di Giaffa), e pure oggi la festa continua. Apro la porta per mangiare la “colazione” (sono le 15) nel giardinetto e subito sento i rumori: le macchine che suonano, una parata, la musica, la follia…

Sempre Gerusalemme

Questa volta abito nel quartiere di Nahlaòt, una zona popolare dal fine ‘800. Vicoli stretti, palazzi di uno o due piani, puoi sentire gli odori delle varie cucine una per una quando cammini per strada. Le case sono facciate della pietra gerosolimitana bianca, ma i tetti rossi puoi vedere dalla colle accanto, givàt ram. Il ponte passa da un parcheggio alla corte suprema.

Nahlaòt si trova nella vicinanza dello sciuc, il mercato più grande di israele. Si è appena aperto un cafè-ristorante “topolino” dove oggi pomeriggio, mentre passavano centinaie di persone di tutte le età e di origini diversi, tutti con i sacchetti in mano pieni di erbe, verdure, dolci per lo shabbat, pane ecc, suonava un gruppo jazz.

Per quanto mangio devo correre su è giù sulle colline. Un giorno tornando, sempre nello stesso rione, ho trovato un’espressione politica nuova…

Foto di Gerusalemme no. 3

La visita culinaria continua qui da Sigmond, dove ero contentissimo di trovare una versione vegetariana di zuppa kube, curda o irachena d’origine. I kube dentro dovrebbero essere ripieni di carne, e il brodo è aspro. Attenzione, è calda!

Si trovano moltissimi negozietti di succo di frutta. Qui all’angolo Boaz e i suoi colleghi presentano un cocktail di ananas, mela e chi sa cos’altro, più il mio frullato di datteri, banana e latte.

Non si può certamente dimenticare “da Babette” e i suoi waffle con cioccolata, panna, gran marnier, o alla mela e la cannella. Babette mi ha salvato la vita, ma la storia dovrò raccontare in un altro post.

A via Yafo, accanto a un Café Hillel, un Café Aroma e due altri tutti sullo stesso angolo, vedrai un nome conosciuto.

E due foto scattate così nella colonia tedesca.