Saigon – day 2

Quando avevo posticipato il volo da Roma l’agenzia mi ha detto che non mi dovevo preoccupare per il volo a Hanoi – basta andare al aeroporto il giorno di partenza e me lo cambieranno lì. Magari, se tutti i voli oggi non erano già pieni per una festa nazionale. Quindi rimango qui e ho del tempo a vedere la città.

Posso girare il mondo intero e alla fine c’è una cosa sola che mi rende davvero felice. Eccovi la città di Ho Chi Minh, vista da una motocicletta.

A Renzo, come posso fotografare un bel piatto di cibo senza pensare a te e il tuo sombrero?

 

 

 

 

Un giorno al mercato…

 

 

Un tempio, un tempio, una moschea e una chiesa…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Beh. Ditemi voi…

La redenzione – prima parte

Il messia è tornato. O meglio tornata: saremmo arroganti se pretendessimo di sapere in che forma Dio decide di materializzarsi in questo mondo, in quale genere oppure in quale età. Infatti, si chiama Lorena ed è nata in Emilia Romagna nel 1979. Non c’è nulla di eretico in quello che dico: se è nato un bambino la prima volta non c’è alcun motivo per non nascere, anche la seconda volta, nella forma dolce e vulnerabile. So cosa state pensando – che secondo le interpretazioni cristiane dei testi antichi il messia doveva nascere da una vergine – ma non c’era assolutamente niente scritto che lo doveva fare due volte. Quindi Marco e Daniela erano felicissimi di diventare genitori nove mesi dopo il loro matrimonio nella chiesa di San Francesco.

Come Giuseppe e Maria, anche Marco e Daniela provengono da famiglie modeste, ma nei due millenni che li separano, o forse solo nel ultimo secolo, le cose sono cambiate. Pur avendo entrambi un lavoro in un call-center faticavano ad arrivare a fine mese e a pagare l’affitto dell’appartamento in periferia. Mentre Maria godeva del sostegno dei famigliari, dei concittadini e di una società che dava importanza al modo in cui crescono i pupi, Daniela (anche lei una brava ragazza) era costretta a trascorrere dei periodi lontano dalla sua amata bimba. Purtroppo i genitori degli sposi abitavano ancora in paese e il fratello di Marco non si è più fatto sentire da quando ha avuto successo a Miami, quindi Lorena, la speranza dell’umanità e della pace, è cresciuta tra l’asilo strapieno e la casa dei vicini, con la violenza fuori porta e la droga non lontana da vista.

… to be continued …

Mi troverete sotto il mucchio di liste to-do, fogli vari, una valigia per Israele, un inbox pieno quanto il serbatoio è vuoto e i panni che aspettano

…la liberazione della lavatrice.

Da mo’ non scrivo. Il lavoro chiede l’uso del cervello, e quando il cervello è accesso spesso gli occhi e il cuore vanno in hibernate. Ma sotto sotto, sotto ogni messaggio in arrivo con un peso molto maggiore del file allegato, le idee ci sono, insieme ai sentimenti, i desideri e le speranze.

La gioia e il gratitudine non scappano. E i pensieri aspettano, spingono come un pelo nuovo battendosi contro la pelle in ricerca del mondo esterno. Bollicine di comprensione. Brufoli d’inspirazione!

L’uomo più ricco del mondo

Sono l’uomo più ricco del mondo di aver così tanti buoni amici. Che arrivano al centro di Roma alla faccia del casino dovuto allo sciopero dei tassinari per ascoltarmi cantare e suonare la chitarra. Ero stonato, emozionato, dimenticavo le parole e a volte perfino gli accordi… ma a chi se ne frega! Ci siamo divertiti, abbiamo cantato e riso insieme, e per una volta mi sentivo io, libero di esprimere quello che sono – dal rocchettaro coatto al poeta sofferente, americano, israeliano, amante de’ ‘sta razza de’ città e amante della vita.

Eravamo in quaranta, da 11 paesi diversi (Italia, Israele, Spagna, Francia, Romania, Giordania, USA, Tunisia, Perù, Ecuador e India), di età diverse e stili di vita diverse, ed era bellissimo far incontrare amici che conosco da mondi separati. Abbiamo anche raccolto €98,15 per il progetto di beneficenza Solidarietà con il Vietnam.

Se potressi fare lo zoom sul mio cuore vedrete voi stessi!
Un bacione a tutti!!!

Benvenuti in Italia

Aspettando la valigia a Fiumicino guardavo una giovane coppia di turisti americani e la loro prima esperienza in Europa. Anche senza preparazione linguistica credo che loro abbiano imparato due parole.

  1. “Dov’è la dogana? Abbiamo passato la dogana? No, la dogana sta lì. No, te dico che c’era la dogana cor controllo de passaporti…”
  2. “Ao! So’ quaranta minuti che stamo qui a aspetta’.” (Si avvicinano al posto dove il nastro trasportatore esce dal muro). “Ao! Cornuti!”

Scicago

Questa non è un’avventura ma un’opportunità di conoscere i miei nipotoni, le mie sorelle e i miei genitori. Tanto è cambiato nei tredici anni che non abito qui, e tanto è rimasto uguale, forse uguale da generazioni. Sono andato la settimana scorsa a una partita della Chicago Bears per vedere la mia ex-squadra perdere più passaggi di quanto potevo immaginare, ma era una bella giornata trascorsa con il padre.

Tanti mi chiedono della mia città di nascita e non so mai come rispondere. Vi lascio un paio di foto della città ventuosa. La gente che torna dallo stadio dopo la partita, il “chicco” di metallo nel Millennium Park, e qualche vista tra i grattacielo. Grattacieli?


Tecnologia

Una volta, un anno e mezzo fa, tornai a piedi a casa mia vicino a Piramide e vidi un gruppo di gente facendo festa. Erano in dieci e il loro furgone anni settanta era dotato di una radio e tanta birra. Ognuno di loro aveva il braccio alzato e il telefonino in mano, e non capii cos’era lo spettacolo – facevano foto e registravano filmini uno dell’altro che faceva foto e registrava filmini.

Questa scena mi è venuta in mente una settimana fa quando sono andato al concerto dei Kula Shaker al circolo degli artisti. Il locale è piccolo e la pessima vista del palco è stata aggravata dalla folla densissima – la sala era piena come un’arancina. Ma figurati se provassi ad alzarti sulle dita dei piedi, vedi solo la gente che stava facendo le foto e i filmini.

Ed ecco una foto (questa volta sono io che tiro fuori la macchina fotografica) di un autobus ATAC elettrico esplodendo su via Cavour.

Arrivederci amore

La notte prima di partire per Chicago ho detto addio alla mia compagna di un anno e mezzo, la SH150i. Non era un mezzo alla libertà ma la libertà stessa, con cui ho scoperto un amore per Roma e per la vita. E nei 22.000 km che abbiamo trascorso insieme mi aveva portato dal fosso di Affogalasino (a somàrò!) quasi al Marocco, sopra i Piranei e sotto gli Alpi, attraverso la manica, fra sette paesi e dieci regioni d’Italia, ma sopratutto mi aveva accompagnato nel viaggio dalla confusione alla rinascita, dal dolore all’entusiasmo.

Ecco qualche foto (Tarifa, Oxford, e San Feliciano dal ultimo viaggio in Umbria). Non si può allegare il calore notturno del viaggio da Granada a Girona sotto le stelle, neanche l’adrenalina della corsa da Bracciano a via Portuense in 25 min.

Penserete che c’è qualcosa di strano nel provare sentimenti così per un motorino. Direi che non importa.

Quando torno a Roma mi aspetta il suo fratello maggiore, l’Honda SH300i.