Foto di Gerusalemme no. 3

La visita culinaria continua qui da Sigmond, dove ero contentissimo di trovare una versione vegetariana di zuppa kube, curda o irachena d’origine. I kube dentro dovrebbero essere ripieni di carne, e il brodo è aspro. Attenzione, è calda!

Si trovano moltissimi negozietti di succo di frutta. Qui all’angolo Boaz e i suoi colleghi presentano un cocktail di ananas, mela e chi sa cos’altro, più il mio frullato di datteri, banana e latte.

Non si può certamente dimenticare “da Babette” e i suoi waffle con cioccolata, panna, gran marnier, o alla mela e la cannella. Babette mi ha salvato la vita, ma la storia dovrò raccontare in un altro post.

A via Yafo, accanto a un Café Hillel, un Café Aroma e due altri tutti sullo stesso angolo, vedrai un nome conosciuto.

E due foto scattate così nella colonia tedesca.


Se Parigi avesse il mare e Café Hillel, sarebbe una piccola Tel Aviv

E quanto mi mancava! Basta prendere il caffè in piedi, basta non sapere dove andare per rilassarmi, leggere un giornale e chiacchierare con un amico. Fidatemi, né Parigi né Vienna può paragonarsi alla cultura dei café in Israele.

Il Café Hillel originale si trova a via Hillel a Gerusalemme, e c’è di tutto: cornetti al burro, al cioccolato o alla mandorla, insalatone creative, zuppe, panini (basilico, olive e rughetta con feta, per esempio, tra due fette di pane scuro, spesso e morbido come il più accogliente asciugamano che puoi immaginare), quiche da paura. Scegli il tuo desiderio, paga alla cassa, trovati un tavolo e aspetta il cameriere mentre ascolti la musica non troppo alta e sopratutto non Pop.

C’è anche Café Aroma con il caffè ancora meglio, anche se invece di avere l’ordine portato a tavola devi lasciare il tuo nome e tornare a prenderlo quando ti chiamano. Se ci vai – non importa se ti chiami Roberto, Mauro o Giulia – quando chiede il tuo nome ti consiglio di rispondere “Bar” (selvatico). Si fermerà un attimo, ti guarderà negli occhi e ti dirà איזה שם יפה “che bel nome!”

La redenzione – prima parte

Il messia è tornato. O meglio tornata: saremmo arroganti se pretendessimo di sapere in che forma Dio decide di materializzarsi in questo mondo, in quale genere oppure in quale età. Infatti, si chiama Lorena ed è nata in Emilia Romagna nel 1979. Non c’è nulla di eretico in quello che dico: se è nato un bambino la prima volta non c’è alcun motivo per non nascere, anche la seconda volta, nella forma dolce e vulnerabile. So cosa state pensando – che secondo le interpretazioni cristiane dei testi antichi il messia doveva nascere da una vergine – ma non c’era assolutamente niente scritto che lo doveva fare due volte. Quindi Marco e Daniela erano felicissimi di diventare genitori nove mesi dopo il loro matrimonio nella chiesa di San Francesco.

Come Giuseppe e Maria, anche Marco e Daniela provengono da famiglie modeste, ma nei due millenni che li separano, o forse solo nel ultimo secolo, le cose sono cambiate. Pur avendo entrambi un lavoro in un call-center faticavano ad arrivare a fine mese e a pagare l’affitto dell’appartamento in periferia. Mentre Maria godeva del sostegno dei famigliari, dei concittadini e di una società che dava importanza al modo in cui crescono i pupi, Daniela (anche lei una brava ragazza) era costretta a trascorrere dei periodi lontano dalla sua amata bimba. Purtroppo i genitori degli sposi abitavano ancora in paese e il fratello di Marco non si è più fatto sentire da quando ha avuto successo a Miami, quindi Lorena, la speranza dell’umanità e della pace, è cresciuta tra l’asilo strapieno e la casa dei vicini, con la violenza fuori porta e la droga non lontana da vista.

… to be continued …

Che spreco!

Il 2 novembre è stato pubblicato un articolo su La Stampa da Luciana Littizzetto che parla della sua confusione e frustrazione a riguardo delle campagne di risparmio energetico. Nomina i frigoriferi aperti nei supermercati che raffreddano tutta la sala fino al gelo e i grattacieli completamente illuminati, e domanda a che serve spegnere il computer o tenere chiuso il frigo di casa. Un’osservazione ben giustificata che conclude così:

“Questi non sono sprechi di energia, cari politici miei? I casi sono due. O cercate di risolvere in qualche modo la questione o se no dite: il risparmio energetico era una delle solite nostre cazzate, fate pure quel che volete, usate il laser per tagliare il salmone e lavatevi i denti nella vasca da bagno!”

Ecco una risposta.

Cara Luciana,

Ho letto il tuo articolo e condivido la tua analisi e le tue perplessitá nei confronti dei tentativi di risparmio energetico di fronte agli sprechi cosmici che descrivi. Come straniero venuto a Roma da Israele non puoi immaginare la mia reazione alle fontanelle.

Vorrei rispondere al tuo articolo, e in particolare a chi l’hai indirizzato. Non sono i politici che ci suggeriscono di risparmiare l’energia. Chi invece ci consiglia di risparmiare l’energia sono: scienziati, persone che lavorano nel campo dell’ecologia, esperti dell’agricoltura e dello sviluppo alimentare (guarda le dichiarazioni della FAO), biologi che documentano la scomparsa delle specie dal pianeta. I politici invece sai dove sono, e sai che sono spesso le ultime persone ad agire per il bene o per il bisogno delle persone che rappresentano o dell’ambiente in cui vivono. Se i nostri uffici (mica devono essere grattacieli) sono sempre a luci accese e se i supermercati ti portano al polo nord (dove gli orsi stanno affogando per lo scioglimento dei ghiacciai) è perché i politici glielo permettono, e perché noi consentiamo ai politici di permetterglielo.

Come cittadini comuni e come antenati delle future generazioni, abbiamo un dovere doppio: trovare un modo di vivere che non abbia un impatto negativo sulla loro vita futura e di organizzarci per impedire ai grandi interessi economici di avere un tale impatto. Credo che tutti uniti ce la potremmo fare.

La tua fatica non è vana, e non hai bisogno dei politici per agire in modo amorevole.

Bar

La vita gerosolimitana

Bibib! Ma che è?
Bibib!
Vi giuro che non avete mai sentito un suono così.

Bibib! E’ un breve suono di clacson di un tassista, rallentandosi e chiedendoti se hai bisogno del suo servizio. Qui a Gerusalemme, dove il trasporto pubblico è molto diffuso (anche per il basso reddito dei suoi cittadini), si può prendere un tassì per strada, senza aspettare troppo, senza pagare l’ira di dio (un’espressione che all’inizio dei miei studi italiani sembrava “la lira di dio”), senza prenotare per telefono solo per aspettare 20 minuti già con €8 sul tassametro. Questa comodità ha i suoi difetti: a volte ti stufi dei suonetti quando davvero vuoi solo fare una passeggiata, e poi appena entri si rallentano quando avvicinano ai semafori verdi e si affrettano a fermare al rosso – mica ti offrano un giro gratis. Ma tante strade qui in capitale hanno le corsie dedicate al trasporto pubblico, e dopo un po’ di tempo a Roma ho imparato ad apprezzare queste piccole imperfezioni di un servizio così prezioso.

Sono arrivato venerdì pomeriggio, con lo stesso volo che avevo preso a giugno, solo che d’inverno lo shabbat arriva molto più presto. Infatti già alle 16.00 tutti i negozi erano chiusi, e invece di farmi la spesa dovevo camminare (scegliendo di non prendere un tassì, ovviamente) al centro per prendere un melawah in uno dei pochi ristoranti aperti. Sabato sera, all’uscita dello shabbat sono andato in supermercato e oltre al humus, baba ganuj, arance e pompelmi che magari si può aspettare, c’era anche la pasta fresca in frigo (ravioli, gnocchi) e i formaggi. Stracchino, mascarpone, “mozarela”… oltre che quattro salti in padella! Solo che ancora non ho capito come producono la mozarela di bufalo.

Di sera esco con gli amici. E’ difficile trovare Taybeh, una delle mie birre preferite, ma vale la pena cercarla. Ad un concerto due gruppi suonavano musica originale in ebraico, un genere che esprimeva un cinismo, una tristezza e una certa profondità di sentimenti. Pensavo un attimo all’immagine di Israele che tiene qualche amico in Italia, idee tipiche del conflitto mediorientale, la guerra, l’occupazione, un’immagine del mondo costruita attraverso le due lenti italiane di comunismo e di fascismo. Invece qui, come in ogni paese con la libertà di espressione e del pensiero, c’è del tutto: nazionalisti, hippy, gente che si occupa del arricchirsi, persone generose con il loro tempo e le loro risorse nell’aiutare coloro che hanno bisogno, movimenti per la legalizzazione della marijuana, studenti, meccanici, ambientalisti.

Ecco la faccia dell’occupazione.

Mi troverete sotto il mucchio di liste to-do, fogli vari, una valigia per Israele, un inbox pieno quanto il serbatoio è vuoto e i panni che aspettano

…la liberazione della lavatrice.

Da mo’ non scrivo. Il lavoro chiede l’uso del cervello, e quando il cervello è accesso spesso gli occhi e il cuore vanno in hibernate. Ma sotto sotto, sotto ogni messaggio in arrivo con un peso molto maggiore del file allegato, le idee ci sono, insieme ai sentimenti, i desideri e le speranze.

La gioia e il gratitudine non scappano. E i pensieri aspettano, spingono come un pelo nuovo battendosi contro la pelle in ricerca del mondo esterno. Bollicine di comprensione. Brufoli d’inspirazione!

L’uomo più ricco del mondo

Sono l’uomo più ricco del mondo di aver così tanti buoni amici. Che arrivano al centro di Roma alla faccia del casino dovuto allo sciopero dei tassinari per ascoltarmi cantare e suonare la chitarra. Ero stonato, emozionato, dimenticavo le parole e a volte perfino gli accordi… ma a chi se ne frega! Ci siamo divertiti, abbiamo cantato e riso insieme, e per una volta mi sentivo io, libero di esprimere quello che sono – dal rocchettaro coatto al poeta sofferente, americano, israeliano, amante de’ ‘sta razza de’ città e amante della vita.

Eravamo in quaranta, da 11 paesi diversi (Italia, Israele, Spagna, Francia, Romania, Giordania, USA, Tunisia, Perù, Ecuador e India), di età diverse e stili di vita diverse, ed era bellissimo far incontrare amici che conosco da mondi separati. Abbiamo anche raccolto €98,15 per il progetto di beneficenza Solidarietà con il Vietnam.

Se potressi fare lo zoom sul mio cuore vedrete voi stessi!
Un bacione a tutti!!!

La verità

Ciò che fa davvero bene a me fa bene anche all’altro
e un gesto che fa male all’altro non può che far male anche a me.
La verità non cambia secondo il disagio di chi l’ascolta
o di chi evita di esprimerla.
Con la terra come testimone e sostegno
Prendo voto di dire la verità
a rischio d’essere giudicato dall’altro,
d’essere ferito nel mio orgoglio
e a prescindere da ciò che sembra essere il mio interesse del momento.

Benvenuti in Italia

Aspettando la valigia a Fiumicino guardavo una giovane coppia di turisti americani e la loro prima esperienza in Europa. Anche senza preparazione linguistica credo che loro abbiano imparato due parole.

  1. “Dov’è la dogana? Abbiamo passato la dogana? No, la dogana sta lì. No, te dico che c’era la dogana cor controllo de passaporti…”
  2. “Ao! So’ quaranta minuti che stamo qui a aspetta’.” (Si avvicinano al posto dove il nastro trasportatore esce dal muro). “Ao! Cornuti!”