No, non il confine con la repubblica ceca. E non sono salito di nuovo sulla moto e attraversato l’oceano. Sono solo qualche foto da Nuova York e Filadelfia a maggio che non avevo tempo di pubblicare.
A dire la verità, a volte pareva la costa Occidentale, tipo Sciangai…
O magari la Puglia? O tutte e due?
Ma no, l’America lo era. Una guardia fuori dal edificio che ingabbia/protegge la campana della libertà, i pompieri nel Upper West Side, e delle native incontrate per strada.
Ieri mattina, dopo un breve soggiorno da un’amica di vecchia data ho lasciato la cappa fiorentina per il fresco tirolese. La pianura padana serviva bene a testare le prestazioni dello scooter glorioso e i controlli appena fatti dal meccanico. Magari su Google Earth si vede una bella striscia rossa su qualche pezzo dell’A1. Entrando nella Val Gardenia mi sono chiesto dov’era topolino – così bella, tranquilla che non poteva essere vera!
Grazie all’ospitalità di Maddalena & co. ho goduto, oltre alla vista delle montagne, l’aria pulita e il suono di ladino, una tradizione tipica südtirolese – il festival annuale di metalari. I gruppi sono venuti dalla Germania, la moda dall’America, i ragazzini headbanger dai paesi intorno. Ovviamente si mangiava la pasta al pomodoro con la birra.
Mi dispiace – nel frettoloso sistemare lo zaino ho scordato il cavetto per scaricare le foto. Quando potrò torno a questo post a rimettere foto e filmini.
Stamattina ho preso la strada statale al passo di Brennero e attraverso l’Austria. Le curve lente e morbide delle strade bavarese mi ricordavano l’Ohio e i giri con il mio primo amore – l’Honda Shadow VT700C.
Nel tardo pomeriggio sono arrivato a Intersein Zentrum, emozionato dal viaggio e dai ritorni. Un bacio a tutti, siete con me.
Il ritiro è finito, è stato bellissimo e trasformativo. Vorrei descriverlo di più ma per ora è meglio lasciare che mi pervada. Molto più belle e descrittive di qualsiasi parola sono le foto di David Nelson del ritiro.
Dopo una settimana di meditazione, di pasti insieme e in silenzio, di condividere con nuovi e vecchi amici abbiamo partecipato nella celebrazione della “giornata ONU della festa di Vesak” e in una conferenza su “Buddhismo impegnato nel 21° secolo”. Che sensazione strana di uscire da un ambiente di tranquillità al caos di Hanoi, passare milioni di motorini e qualche povera bicicletta, il solito inquinamento, negozi di scarpe e di jeans fino ad arrivare a un enorme centro di convegni decorato di bandiere rosse e simboli buddhisti, a volte più tradizionali e a volte meno, come per esempio il colossale Buddha gonfiato e levitante, pareva di avere il rossetto e lo smalto rosso, con una svastica rossa tatuata sul petto.
Stavo là in mezzo ai monaci da tutto il mondo, dall’India, Sri Lanka, la Cina, gli Stati Uniti, la Spagna. Una grande celebrazione di colore di pelle e di colore di vestiti, di oggetti rituali, di tradizioni e di sorrisi. In totale eravamo in 5000.
Il 15 ho presentato una discussione sul conflitto israeliano-palestinese visto da una prospettiva buddhista. Poi, quando era tutto finito ieri sera, sono tornato al albergo in moto, questa volta guidando. Non avevo paura del traffico, ma un pochino di trepidazione c’era per il freno anteriore mancante, il freno posteriore che faceva più rumore che altro e il fatto che non mi serviva la frizione per cambiare marcia.
Cos’è la meditazione? Qualcosa di spirituale? di mistico? Una via per contattare livelli superiori della tua anima? Di conoscere altri mondi?
Nella tradizione del buddhismo zen vietnamita di Thich Nhat Hanh è qualcosa di molto più semplice. Calmando la mente e rilassando il corpo ci liberiamo dai pensieri ricorrenti, dalle paure che portiamo in qualche spazio oscuro nella mente, dalle sensazioni che spesso ci schiacciano tipo l’ansia e la rabbia. Tutte le cose che ci allontanano dalla vita reale o che ci impediscono di godere il momento presente.
Esci dalla macchina o dal autobus e devi fare cinque minuti a piedi fino a casa. Oppure sei fortunato e trovi parcheggio sotto casa e sono solo 20 metri. Cosa fai con quel tempo? Continui a rimuginare le parole del capo prodotte dalla sua ansia o pensi per l’ennesima volta a un progetto o qualcosa che desidereresti? Stiamo perdendo la vita che è di fronte agli occhi, camminando in un mondo con la testa in un altro, come zombi o morti viventi. Fermati, rilassa le spalle. Prendi un respiro profondo e senti le gambe in movimento. Magari c’è un albero che non abbiamo mai notato, un bambino, o forse stiamo con un amico o un compagno e invece di parlare di progetti o di lamentarci del lavoro possiamo prenderci per la mano e sentire grati per la loro presenza. O forse c’è qualcuno che ci aspetta a casa. Entrare a casa, liberi, leggeri e presenti, sarà un regalo molto più prezioso che un mazzo di fiori.
La meditazione seduta è un buono esercizio della nostra capacità di tornare a noi stessi con più facilita, ed è anche è un piacere in sé. E’ un bel esperienza qui a Hanoi, anche se per essere libero non avevo bisogno di prendere un aereo e contribuire al riscaldamento globale solo per imparare a mangiare un quarto di ananas con i bastoncini. Per essere libero basta metterci in contatto con quello che c’è.
Quando avevo posticipato il volo da Roma l’agenzia mi ha detto che non mi dovevo preoccupare per il volo a Hanoi – basta andare al aeroporto il giorno di partenza e me lo cambieranno lì. Magari, se tutti i voli oggi non erano già pieni per una festa nazionale. Quindi rimango qui e ho del tempo a vedere la città.
Posso girare il mondo intero e alla fine c’è una cosa sola che mi rende davvero felice. Eccovi la città di Ho Chi Minh, vista da una motocicletta.
A Renzo, come posso fotografare un bel piatto di cibo senza pensare a te e il tuo sombrero?
Sono partito venerdì con Qatar Airways e avevo un bel sospetto di essere l’unico israeliano a bordo. Per poco non ero l’unico sinalese – alcuni di voi sapete perché mi sentivo proprio a casa. Ma avevo un dubbio – i voli di El Al sono pieni di israeliani tornano a casa o vanno in viaggio, si sente l’ebraico urlato già nel duty free. Ma dov’erano i qatari? (qataresi? qatarini? qatariggiani?) Gli attendanti di volo erano tutti indiani e il pilota – si chiamava capitano ma mica è un aereo d’esercito – parlava con un accento australiano. Anche a Doha sapevo di stare nella penisola arabica e non in Pakistan solo per la vista monocroma dal finestrino. Vedo più keffìa a Milano e sento più arabo dal fruttivendolo sulla Portuense.
Qualche ora di più ed ero sul volo per Occi Minno. Non credo che quando i miei si sono sposati a Chicago nel ’68 potevano immaginare che il loro figlio andrà a un ritiro Zen in Vietnam! Alcuni dicono che il mondo è più in guerra adesso o che c’è più violenza, ma non ne sono sicuro, almeno qui c’è meno orrore che trent’anni fa. Sono sceso dall’aereo e ci voleva circa un’ora a sistemare il visto; finalmente sono uscito al caldo, all’umido, alle strade affollate di motorini che comunicano tra di loro come i pipistrelli – con suoni a intervalli fissi e con l’udito. Vedevo due adulti che portavano due bambini tra di loro sulla moto, un altro tirava accanto una bici come sidecar. Insomma ero preso dalla nostalgia per l’india.
Dopo avere affittato una stanza in albergo ho cambiato vestiti e sono andato a cenare. Non volevo mangiare dal buffetto di albergo e non stavo in un quartiere turistico quindi tocca a fare una passeggiata, tra i motorini, i taxi e i bici, a nuotare nella nebbia di umidità e inquinamento. Finalmente ho trovato un posto per sedermi. Il posto non era casareccio ma neanche di lusso, c’erano quattro cinque tavoli fuori e lo stesso in una sala interna. Gli altri clienti erano in gruppi di due, tre e quattro, sia maschi sia donne. E dal piano superiore sentivo la musica – prima Bryan Adams e poi rock vietnamita – e ogni tanto ho visto delle coppie giovani salire e scendere (non quel tipo di salire e scendere). Subito ti portano del tè verde freddo al gelsomino. Quando sono arrivati i miei noodles con la verdura su un brodo denso, parevano cappelli d’angelo finché gli ho attaccato con la forchetta e ho scoperto che non erano al dente ma fritti. Strategia – spezzarli con la forchetta così assorbano bene il brodo. C’erano le carote, il prezzemolo, qualcosa simile al sedano, la cipolla e un bel sapore di aglio. Costo complessivo di una bottiglietta d’acqua minerale: 27.000 Dong, uguale a circa un euro e trenta centesimi.
Silvio Berlusconi, nuovamente eletto come capo governo, non si ferma nemmeno per un attimo. Nonostante le previsioni cupe dell’economia italiana – il pil in calo, il deficit fiscale e la crescita economica ben sotto il medio europeo – il cavaliere annuncia il compimento del suo più grande progetto fin ora. “Dopo anni di progettazione, di impegno e di arduo lavoro”, ha dichiarato questa mattina davanti a Palazzo Grazioli, “è un onore presentare come regalo personale al popolo italiano il Canale di Messina.”
Il canale, 3,2 km di larghezza, separa la penisola siciliana dal continente all’altezza delle città di Messina e di Reggio di Calabria. Il primo ministro evidenziava la convergenza d’interesse al livello nazionale: “il 14 aprile gli italiani hanno espresso il loro desiderio di più produttività economica, di maggior trasparenza e di autonomia. L’apertura del Canale è una risposta completa. Oltre a creare nuove opportunità d’impresa e offerta di lavoro nell’area dei servizi di trasporto, ora è chiaro a tutti il motivo per cui ho assistito gli offshore account e le transazioni di fondi neri destinati al mio caro amico Salvatore (Cuffaro – edr.) e altre organizzazioni siciliane. In più, non c’è un esempio migliore del principio di autonomia che tagliare fisicamente la regione dal resto del paese. Ho discusso il progetto a lungo con il ministro Bossi, e nonostante sia dal nord era sempre a favore dell’idea. Si può anche pensare a un progetto simile ma più ambizioso al nord che chiamo il Canale Po.”
In seguito all’affermazione che il “Canale” non è altro che una formazione geografica, il Cavaliere ha risposto che “in un paese libero e democratico come l’Italia non c’è luogo per bugie comuniste.”
The Sahara is a shaded pond compared to this meeting. Words like the sand in shifting dunes driven by torrents of confusion under the beating rays of senselessness. A desolation.
And you with hair like a cool flowing stream and eyes like fresh-picked dates.
Your smile may be a mirage but these tears break my thirst.
Impossibile ma vero. Ayman al-Zawahiri, il numero due di Al Qaeda, smentisce le voci nel medioriente che Israele aveva a che fare con gli attacchi del 11 settembre 2001. Secondo l’Associated Press,
Al-Zawahri ha accusato il canale televisiva dell’Hizbullah nel aver sparso le voci. “Il motivo di questa bugia è chiaro – (a insinuare) che non ci sono eroi fra i sunniti che possano danneggiare America come nessuno ha mai fatto nella storia. La media iraniana ha preso subito questa bugia e l’ha ripetuto,” ha detto.
L’obbiettivo dell’Iran qui è anche chiaro – di nascondere il suo coinvolgimento con l’America nell’invadere le case di musulmani in Afganistan e in Iraq”, ha aggiunto. Iran ha collaborato con gli Stati Uniti nell’assalto in Afganistan che ha fatto cadere gli alleati di al-Qaeda, i talebani.
Al-Qaeda aveva precedentemente preso responsabilità degli attacchi del 11 settembre, ma gli accusi di al-Zawahri dell’Iran nella sua risposta ha sottolineato le sue denunce crescenti dell’Iran, che non aveva menzionato spesso nei suoi messaggi degli ultimi mesi.