Stamattina ho trovato un passaggio alla spiaggia del Mar Morto. Ci voleva poco più di quaranta minuti e dal finestrino ho potuto ammirare le colline gialle del deserto. E’ l’inverno più secco di memoria: senza neanche un giorno di pioggia vera il lago di Tiberiade si è receduto e il Mar Morto continua a morire per mancanza di flusso dal fiume giordano. Questo si sa, ma ai miei occhi era difficile distinguere fra il deserto d’inverno secco e il deserto d’inverno arido. Comunque impressionante.
Sulla spiaggia ho trovato amici vecchi e nuovi, arabi ed ebrei, qualche chitarra e un paio di darbuca (no Alessà, non mi sto riferendo a te), il sole, abbastanza vento per creare delle belle onde sulla riva del mare, e le montagne della giudea da una parte e della Giordania dall’altro. L’evento ha cominciato ieri sera, ma nelle dodici ore che ero presente abbiamo mangiato insieme humus, tehina, insalata russa e altro e bevuto thé zuccherato, ci siamo riuniti in circoli per parlare del effetto che quest’ultimo capitolo del conflitto ha avuto su di noi. Poi, forse una quindicina di noi siamo andati a fare il bagno nei sorgenti accanto al mare. Che casino! Metti un piede a provare l’acqua e affondi nel fango fino al ginocchio. E’ troppo difficile toglierti e quindi, uno dopo uno, abbiamo lasciato sulla sponda la vergogna, le differenze e per alcuni anche i vestiti e siamo entrati nel fango fino alla bocca e diventati una banda di uomini e donne grigi e fangosi, ippopotami mediorientali, lanciando palle di fango, ridendo e urlando, e nel sole statue a quanto la vita è una ficata.
Nel mio circolo ci siamo chiesti perché le cose sono così brutte là, a casa, quando qui, al mar morto, sono così belle. Alla fine abbiamo invertito la domanda. Perché le cose sono così belle quando ci incontriamo così? Non abbiamo creato la pace, la pace già c’era. Anche se solo per un giorno, abbiamo smesso di inondarci di paure, di ascoltare i messaggi che ci dicono di odiare l’un l’altro. La pace non va creata, la stiamo ignorando giorno dopo giorno, concentrandoci sulle nostre paure e sulle cose negative. La rabbia, come dice il proverbio, è come essere pizzicato fino alla morte da un ape solo. La pace e la tranquillità esistono e sono disponibili, dobbiamo solo imparare a riconoscerle. Spero che anche voi in Italia potete trovare la vostra pace, che potete incontrare, post-fascisti e comunisti rifondati, cattolici e laici – forse alle terme di Saturnia – a guardarvi negli occhi, ascoltare l’un l’altro e a riconoscere quanto la vita è una ficata.
Ho lasciato la serata alle 21 dopo un circolo intorno al fuoco di accampamento accompagnato dalle canzoni in ebraico, arabo, inglese e spagnolo, preghiere ebraiche e musulmane, danze, narghilè e ancora thè. E poi, appena sulla strada per Gerusalemme, è cominciato, pian piano. Tip. Top. Tip. Top.
E’ arrivata la pioggia.