Israele è un paese con una certa intensità e Gerusalemme ancora di più. Sono arrivato venerdì mattina e ovviamente la nuova casa aveva bisogno di arredamento e di pulizia. Vado allo sciuc insieme al nuovo inquilino (romano, così non dimentico un bel gnente) a comprarci della roba. Ogni persona che vendeva o che comprava, ogni persona in macchina o che passava camminando aveva un senso di urgenza. I clacson suonavano, i venditori annunciavano i prezzi dei loro prodotti e gli altri sembravano tutti giocatori di football americano cercando nella folla qualsiasi apertura per infilarsi a continuare i loro percorsi. Fatta la spesa e torniamo a casa a sistema’.
Poi la sirena. Il tono ha durato un minuto intero e improvvisamente una magia è scesa sulle strade, sulle case, sulle persone. E’ arrivata la Shabbat con il suo silenzio e la sua tranquillità. Gli odori di tante cene pian piano aleggiavano dalle finestre, i suoni dei canti uscivano dalle piccole sinagoghe, le strade e i vicoletti restavano deserti e potevano respirare. Ventiquattro ore senza autobus, con poche macchine, poca gente in giro e tanta pace.
E domenica ricominciamo.
Mi sento come se fosse in qualche fiaba. E’ difficile credere che sia vera quest’ambiente, quest’intensità che pervade tutto, per bene e per male, quest’aria che opprime e che esalta.
Qui faccio una passeggiata nel rione Nahlaòt.
Forse mi sono perso qualche passaggio! A Roma hai fatto le valige, adesso sei a Gerusalemme nella nuova casa. Ti sei trasferito?
Mario
Carissimo! Sì, ho subaffitato il nido romano e volato in Israele per finire il dottorato. Spero che in primavera la dissertazione si schiude…
Ma sei sicuro che c’è solo una ‘g’ in ‘valigia’?